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da Castel Guelfo a Imola ci s'arriva d'un soffio, passando proprio
dalla Madonna del Piratello, e poi la via Emilia. Qui, nel ricordare il
Marco Emilio Lepido, si potrebbero proporre paralleli tra strada e
caratteri emiliani. A ben vedere, infatti e di norma, gli emiliani le
cose che son da fare le fanno presto e bene e possibilmente dritte.
Insomma, come il Marco Lepido con la sua strada, senza dimenticare,
prima di lui, gli Etruschi e tutti gli altri che, bricconcelli, han
lasciato nei grembi femminili i loro semi, dai Celti ai Franchi, ai
Bizantini.
Basta divagare.
Imola (e soprattutto il San Domenico) c'aspetta. Ma che dico? Questa è
terra "del divagare". Ancora oggi, se di questa stagione ti fermi tra le
case basse della periferia per chiedere indicazioni della Rocca
piuttosto che di Palazzo Tassoni, il signore che, intabarrato, ferma la
bicicletta e senza scendere - mani sul manubrio, una gamba tesa, piede a
toccar terra, l'altra piegata ad angolo retto con il piede a poggiare,
sul pedale in alto - prima di risponderti s'infervora nell'informarti
sul perché e il percome è sbagliata l'attribuzione della nascita di Forum Cornelii
(l'antico nome di Imola) a Silla, quel Cornelio Silla, mentre il forum
sarebbe stato fondato più addietro, negli anni stessi della
centuriazione dell'agro.
E arriviamo al San Domenico, in via Sacchi all'1.
Innumerevoli
sono le espressioni o gli aggettivi che potrei utilizzare per
descrivere il San Domenico (gestito dalla stessa famiglia, anche a New
York), ma le parole non basterebbero, provare per credere. Siamo in uno
dei più eleganti e raffinati locali che mi è capitato di vedere e
gustare. Davvero un mangiare unico, consumato in un ambiente
estremamente ricercato: di lino le tovaglie, d'argento i sottopiatti e
le posate e il pane viene sfornato fresco due volte al dì. Il servizio
in sala è garbatamente efficiente, nel menù, che cambia ogni giorno,
segnalo la scaloppa al fegato d'oca con mele all'aceto balsamico, i
garganelli con erba cipollina e caviale Beluga, l'uovo in raviolo con
tartufi bianchi, il trancio di branzino con crema di alici, il piccione
con polenta alla verza in salsa di pepe nero e uva passa, il carré
d'agnello arrostito al rosmarino e la terrina di fegato ai tartufi,
eppoi ecco la deliziosa e piccola pasticceria che accompagna i dolci ...
la bavarese al caffè con crema moka, la cassata alla frutta secca di
bosco con salsa di lamponi e la pera Williams in salsa profiterole.
E poi i vini.
Nonostante
le leggere resistenze del proprietario, insistete, fatevi accompagnare
in cantina, vi troverete in una vera e propria fortezza sotterranea che
comprende il fior fiore dell'enologia italiana e non, superlativa la
riserva di distillati, una collezione di magnum francesi da far girar la
testa.
Usciamo, il quaderno è pieno di appunti. Giornata piena.
Bello
sarebbe domani proseguire, passando per Faenza, Forlì, Ravenna e
Rimini, verso la Romagna e il mare, ma bisogna pur scegliere ed io,
prima di tornare nell'Emilia più grassa, scelgo gli Estensi, Giorgio
Bassani e, quindi, Ferrara.
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