sabato 10 marzo 2012

Appunti di viaggio in Emilia: Imola, il San Domenico (4)


... da Castel Guelfo a Imola ci s'arriva d'un soffio, passando proprio dalla Madonna del Piratello, e poi la via Emilia. Qui, nel ricordare il Marco Emilio Lepido, si potrebbero proporre paralleli tra strada e caratteri emiliani. A ben vedere, infatti e di norma, gli emiliani le cose che son da fare le fanno presto e bene e possibilmente dritte. Insomma, come il Marco Lepido con la sua strada, senza dimenticare, prima di lui, gli Etruschi e tutti gli altri che, bricconcelli, han lasciato nei grembi femminili i loro semi, dai Celti ai Franchi, ai Bizantini.

Basta divagare. Imola (e soprattutto il San Domenico) c'aspetta. Ma che dico? Questa è terra "del divagare". Ancora oggi, se di questa stagione ti fermi tra le case basse della periferia per chiedere indicazioni della Rocca piuttosto che di Palazzo Tassoni, il signore che, intabarrato, ferma la bicicletta e senza scendere - mani sul manubrio, una gamba tesa, piede a toccar terra, l'altra piegata ad angolo retto con il piede a poggiare, sul pedale in alto - prima di risponderti s'infervora nell'informarti sul perché e il percome è sbagliata l'attribuzione della nascita di Forum Cornelii (l'antico nome di Imola) a Silla, quel Cornelio Silla, mentre il forum sarebbe stato fondato più addietro, negli anni stessi della centuriazione dell'agro. 
E arriviamo al San Domenico, in via Sacchi all'1. 
Innumerevoli sono le espressioni o gli aggettivi che potrei utilizzare per descrivere il San Domenico (gestito dalla stessa famiglia, anche a New York), ma le parole non basterebbero, provare per credere. Siamo in uno dei più eleganti e raffinati locali che mi è capitato di vedere e gustare. Davvero un mangiare unico, consumato in un ambiente estremamente ricercato: di lino le tovaglie, d'argento i sottopiatti e le posate e il pane viene sfornato fresco due volte al dì. Il servizio in sala è garbatamente efficiente, nel menù, che cambia ogni giorno, segnalo la scaloppa al fegato d'oca con mele all'aceto balsamico, i garganelli con erba cipollina e caviale Beluga, l'uovo in raviolo con tartufi bianchi, il trancio di branzino con crema di alici, il piccione con polenta alla verza in salsa di pepe nero e uva passa, il carré d'agnello arrostito al rosmarino e la terrina di fegato ai tartufi, eppoi ecco la deliziosa e piccola pasticceria che accompagna i dolci ... la bavarese al caffè con crema moka, la cassata alla frutta secca di bosco con salsa di lamponi e la pera Williams in salsa profiterole.
E poi i vini. 
Nonostante le leggere resistenze del proprietario, insistete, fatevi accompagnare in cantina, vi troverete in una vera e propria fortezza sotterranea che comprende il fior fiore dell'enologia italiana e non, superlativa la riserva di distillati, una collezione di magnum francesi da far girar la testa.
Usciamo, il quaderno è pieno di appunti. Giornata piena.
Bello sarebbe domani proseguire, passando per Faenza, Forlì, Ravenna e Rimini, verso la Romagna e il mare, ma bisogna pur scegliere ed io, prima di tornare nell'Emilia più grassa, scelgo gli Estensi, Giorgio Bassani e, quindi, Ferrara.

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