Ferrara in cucina inizia dal "ferrarese" dove la forma del pane, coppietta o, com'è chiamata dal locali, "ciupeta",
è data dall'unione di due panetti con un corpo centrale da cui si
distinguono due capi o "curnit" elegantemente ritorniti per finire a
punta, prosegue con i "cappellacci di zucca alla ferrarese". A
differenza di quelli mantovani, che nel ripieno contengono anche
amaretti sbriciolati, quelli "ferraresi" trovano la loro perfezione
nella pasta sfoglia che va "tirata" sottile, a mano, dalla "sfoglina",
così viene chiamata la donna che tira la sfoglia a mano; non può mancare
la salama da sugo, un insaccato reperibile solamente a Ferrara e
provincia, al quale si attribuiscono immensi poteri afrodisiaci. Ogni
salama va riempita con fegato, lingua, collo, gola del maiale, il tutto
ben tritato, macerato nel vino del Bosco, insaporito con cannella, pepe e
chiodi di garofano; la "salama" va stagionata al buio e in luogo fresco
per almeno un anno, va poi cotta a vapore e servita bollente con purea
di patate d'inverno e fredda con melone d'estate; il sapore è ottimo e
del tutto particolare, si può consumare a fettine oppure scavandone
l'interno con un cucchiaio.
Comunque a Ferrara, come del resto in tutta
l'Emilia, la cucina invernale significa soprattutto maiale, che si
mangia tutto, dalla testa alle zampette: coppa di testa, pancetta,
mortadella, zamponi, salami ... Non manca la selvaggina: fagiani,
pernici, folaghe, anitre, lepri e quaglie costituiscono, in questa
stagione, un cibo prelibato. Sedendosi a tavola, da ricordare che la
marcata presenza ebraica, ha fatto sì che alcuni piatti siano entrati
ormai stabilmente nelle abitudini gastronomiche dei ferraresi:
"prosciutto d'oca"; il classico "burrico", un grosso raviolo ripieno di
carni di pollo e vitello; "i ciccioli d'oca"; la "minestra di farro",
così come i dolci di marzapane o di pasta al forno o fritti: i
"ricciolini di Kippur" (giorno del perdono), gli "zuccherini di Pesach"
(Pasqua), per finire nel "panpepato" un dolce tipicamente di Ferrara che
si dice sia nato in uno dei tanti conventi della zona, tant'è che la
forma a calotta ricoperta di cioccolato, tende a rassomigliare allo
zucchetto, il copricapo degli ecclesiastici, è il dolce di Natale
ripieno di cacao, farina, miele e mandorle, cedro e spezie nel più
grande rispetto dell'antica ricetta tradizionale.
Prima mettere le gambe
sotto la tavola del ristorante, ricordo che i ferraresi amano il loro
"vino del Bosco Eliceo", leggermente frizzante e corposo la cui
produzione viene consumata quasi totalmente localmente. Con il mosto
d'uva bollito e ristretto in tempo di vendemmia, che da altre parti
viene nobilitato trasformandolo via invecchiamento in "aceto balsamico",
si ottengono i "sugol" dal sapore dolce e aspro, ottimo ristoratore
dopo le fatiche del lavoro in campagna. A dire il vero il turismo di
massa ha un poco livellato la qualità dei ristoranti ferraresi, comunque
resistono il "Centrale" in via Boccaleone all'8 , "Al Brindisi" in via
Adelardi all'11 (qui la salama da sugo è ancora la salama da sugo...) e
il Ristorante Duchessa Isabella che propone, insieme ai tipici piatti
locali alcune, ricette rinascimentali...
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